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venerdì 10 agosto 2012

Ticino: “Stop ai pendolari del sesso!”


Lisa è tutta curve. Dice di essere brasiliana, ma l'accento sembra più est europeo. Starebbe bene in posa su Elle, invece, finora si è accontentata di bazzicare i locali del Ticino.
Racconta un sacco di cose, non sempre riferibili: «Si lavora sempre, specie con voi italiani – dice – Non è vero che c'è crisi… Chi vuole venire nei locali, i soldi li trova. Solo che ogni tanto la polizia rompe i c…».
Questa volta, al di là del confine, la polizia i c… li ha rotti davvero, in senso buono. Portando a termine una delle più vaste operazioni di sempre contro quei bar a luci rosse che negli ultimi anni, nel Cantone, grazie soprattutto alla clientela italiana – un esercito di professionisti, travet, esodati, disoccupati e ragazzotti di buona famiglia – sono arrivati a produrre fatturati di settanta milioni di franchi all'anno, come scriveva nei giorni scorsi il Caffé, settimanale ticinese che all'operazione ha dedicato ampi servizi fuori da un coro di quotidiani un po' timidi, financo nel dare la notizia della recentissima chiusura (giovedì scorso), del Pompeii, locale di Chiasso che da questa parte del confine è celebre più di George Clooney. 
Fine dell'«amore», come lo chiama Lisa, fine dei bagordi, delle seratone tra amici, dei dopolavoro con il cliente cinese da rabbonire a colpi di autoreggenti. Citando qua e là: chiusa la Taverna dei Pini di Melano, chiusi il Sixtynine e la Rosa Nera di Chiasso, il Club 5 e il Calipso di Maroggia, Villa Elena a Ponte Tresa, il Corona a Pambio. Alcuni locali, come il celeberrimo bar Oceano di Lugano, restano aperti per servire da bere, ma di ragazze nemmeno l'ombra. 
Attività interrotta da qualche giorno anche per il Sixtynine Cafè «chiuso per ristrutturazione». Ma la data di riapertura non viene indicata.
Il bilancio: chiusi 25 dei 30 "postriboli", come li chiamano da queste parti, che negli ultimi anni avevano fatto la fortuna di altrettanti gestori, 400 ragazze identificate, in larga misura prive di permesso.
La musica è cambiata lo scorso aprile, dopo un accoltellamento che per un soffio non si è trasformato in un omicidio, ma che bastò perché la polizia cantonale, preoccupata dalla possibilità – quasi una certezza – che tra postriboli e crimine organizzato il legame fosse sempre più stretto, decidesse di passare all'offensiva.
«La prostituzione, in Svizzera, non è un reato in se – spiega Saverio Snider, il portavoce del ministero pubblico di Lugano (la nostra Procura) - Tuttavia occorre che le ragazze siano iscritte a un apposito registro, e che dispongano di un permesso per poter esercitare. I controlli partono da questo presupposto ma l'obiettivo è anche un altro. E cioè colpire chi lucra su questa attività. Ci sono ipotesi di reato che variano dallo sfruttamento della prostituzione all'usura: alcune di loro lavorano in una stanza di due metri per uno pagando centinaia di franchi d'affitto». Ma sullo sfondo dell'operazione ci sono anche delicate questioni fiscali, visto che gran parte degli introiti, anche in svizzera, spariscono nel nulla, inghiottiti nella spirale del "nero".
«Cerchiamo di puntare non solo ai gestori – prosegue Snider – ma anche ai proprietari degli immobili, che spesso sono in combutta con chi gestisce». 
Fa paura anche il racket, l'ombra del crimine organizzato, romeno soprattutto, ma anche calabrese: «Si cominciavano a intravedere i primi segnali di una lotta tra bande per il controllo del traffico delle ragazze. Siamo solo all'inizio. L'indagine – concludono – riserverà sorprese».

Fonte: http://www.noncipossocredere.com/2012/08/09/ticino-stop-ai-pendolari-del-sesso/

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