Un trapianto di cuore rifiutato dall'Ospedale di Padova ad un marittimo romeno diventa un caso in Veneto: da una parte un consigliere regionale del Pd, Claudio Sinigaglia, che grida allo scandalo; dall'altra il direttore dell'Azienda ospedaliera, Giampietro Rupolo, che smentisce l'accaduto. In mezzo l'assessore veneto alla sanità, Luca Coletto, che sull'episodio chiede una relazione, escludendo peraltro che sulla decisione dei sanitari padovani possano esservi ragioni diverse da quelle tecnico-scientifiche.
«SE PUO' ESSERE OPERATO NEL SUO PAESE, LO SI DEVE FARE» - Il paziente romeno, poi operato con successo a Udine, era stato ricoverato all'ospedale di Mestre dopo un infarto. Da qui avrebbe dovuto essere trasferito a Padova per continuare le cure e mettersi in lista per effettuare il trapianto di cuore, vista l'impossibilità di farlo rientrare nel Paese di origine. Su cosa sia accaduto a questo punto le tesi divergono. Per il consigliere Sinigaglia, Padova avrebbe rifiutato l'intervento, sostenendo che gli organi donati da italiani debbano essere impiantati di preferenza su italiani. «I cuori degli italiani vanno agli italiani», avrebbe detto un cardiochirurgo chiamato a esprimersi sul caso, secondo il Secolo XIX. Diversa la versione data dall'Azienda ospedaliera di Padova. «Alla richiesta dei sanitari di Mestre di una consulenza sul caso, la Cardiochirurgia di Padova ha prontamente dato la propria disponibilità – precisa Rupolo -. Ha chiesto semplicemente, come da prassi e dai regolamenti aziendali, una richiesta scritta a tutela delle norme di copertura assicurativa e legale». Il paziente, aggiunge, è stato subito visitato dal cardiochirurgo dell'Unità Operativa dell'Azienda Ospedaliera. «Si trovava in terapia Ecmo – scandisce Rupolo, smentendo la tesi della gravità del paziente – estubato, cosciente e stabile». Nell'affermare che sono stati seguiti «con piena correttezza» tutti i protocolli medici, il direttore dell'Azienda ospedaliera di Padova respinge al mittente qualunque insinuazione sotterranea di razzismo. «Queste sono le precise indicazioni del Nord Italia Transplant: data la tragica scarsità di organi – chiarisce – quando un ammalato, che non è nelle nostre liste d'attesa nazionali, può essere trasportato nel suo Paese di provenienza, perchè anche lì esiste un centro trapianti, lo si deve fare. E in questo caso era possibile farlo». E per non lasciare dubbi aggiunge: «solo nell'ultimo anno quasi il 10% dei trapiantati a Padova era cittadino straniero. Un ragazzo ghanese di 19 anni, in vita solo grazie a un sistema di assistenza ventricolare, è ora qui da noi all'Ospedale di Padova – conclude – in attesa di un cuore nuovo».
Fonte:
Nessun commento:
Posta un commento