È agli ultimi ritocchi la nuova casa di paglia proprietà di una coppia catanese pronta a trasferirvisi (bimbi al seguito) dal centro urbano. Primo esemplare di questo genere in Sicilia (30 gli edifici in tutta Italia) tirato su con un occhio alla tradizione anglosassone, un altro all’antico uso locale delle canne, e l’ottica generale salda sui principi della bioarchitettura e della sostenibilità. Costruita su due livelli per un’estensione di 160 mq, si trova sul versante orientale dell’Etna a circa 900 metri d’altezza. Ha la struttura in legno e i tamponamenti, come detto, in balle di paglia, materiale che isola con particolare efficacia sia dal freddo sia dal caldo.
Legno, paglia, argilla e canne sono i materiali che i proprietari hanno voluto. Esclusivamente naturali, perché “la casa – ci dice la proprietaria – è la nostra terza pelle, e deve respirare con l’esterno”. Di legno, i tramezzi portanti, il tetto e parte dei pavimenti. Gli intonaci esterni sono in calce, quelli interni in argilla, materiale che ricorre insieme agli oli per la finitura e sigillatura degli elementi interni di costruzione. Il percorso non è stato dei più semplici, ma è giunto al traguardo con un’istanza “collettiva”. Iniziata su progetto degli stessi committenti, la costruzione della casa si è avvalsa della consulenza di tecnici esperti. La volontà di far collimare l’aspirazione ecologica alle difficoltà pratiche che via via la costruzione ha sollevato, ha segnato alcune pause nei lavori, poi ripresi con soluzioni più gradite. Nei cantieri delle case di paglia, alcune fasi sono eseguite in autocostruzione dai membri della famiglia, donne e bambini compresi, come in occasione del posizionamento delle balle nelle pareti interne o della finitura degli intonaci interni. Per questo prototipo siciliano c’è stato – ci dicono i committenti - il sostanzioso supporto degli amici, tra cui gli appartenenti alla rete di Permacultura Sicilia. Oggi che gli ultimi ponteggi stanno per essere smontati, dall’esterno l’abitazione svela solo la sua matrice di bioedilizia e bioarchitettura. Pannelli fotovoltaici e solari sul tetto; impianto per il recupero dell’acqua piovana e la fitodepurazione (l’acqua non arriva in forma diretta); una compost-toilette esterna che produrrà humus per il giardino. Chi cercasse bitorzoli e rigonfiamenti sulla facciata esterna, causati dalla paglia, non ne troverà. Qualche irregolarità rispetto alle costruzioni tradizionali potrà affiorare dentro, insieme alle finestrelle che svelano i materiali usati, ai vivaci colori alle pareti tinteggiate con colori alla caseina e le gioiose soluzioni di vetri e bottiglie inframmezzati alle stesse. Infine, citiamo la vasca da bagno con finitura in Tadelakt (un’antica tecnica nata nella regione di Marrakech), di grande pregio, ottenuta attraverso l'utilizzo di una speciale calce idratata e pigmenti naturali, dove la mescola è applicata come intonaco, poi lisciata con particolari pietre di fiume e lucidata con un sapone nero, prodotto artigianalmente con le olive. La superficie così lavorata risulta impermeabile e dall'aspetto leggermente ondulato e brillante.
Quando la costruzione diverrà l’abitazione definitiva e stabile della famiglia committente, non si vuole che resti un rifugio mononucleare di una famiglia arroccata in montagna. Una piccola sezione sarà aperta agli ospiti accolti in seno ad un progetto sociale o ecologico ancora in via di definizione.
Fonte: (Articolo pubblicato su TRIBEART#96)
Fonte: http://www.tribenet.it/read.php?read=14413#.UBerCPBpRuk.facebook
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